È la lirica più breve composta
dal poeta, ma concettualmente molto pregnante. In soli due versi si può immaginare
tutta un’esistenza.
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...E fu giorno,
...e fu subito notte.
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Metrica: Unica strofa di due
versi (distico).
Titolo: Costituisce il tema di
fondo.
v.1-2: I tre punti che precedono
i versi e l’uso del perfetto, fanno presupporre che si tratti di un discorso
già da lungo tempo iniziato e che qui non viene enunciato, lasciando il suo
contenuto all’immaginazione del lettore. I due versi, quindi, ne costituiscono
la naturale conclusione. L’estrema rapidità e la grande concisione governano il
ritmo della poesia. La velocità è anche rimarcata dall’avverbio sdrucciolo subito. Giorno e notte sono tra
loro in contrapposizione (ossimoro) e scandiscono il ritmo del tempo che trascorre inesorabile. ...E fu ...e fu
sono una anafora.
Esaminiamo L’attimo. Ad una prima
e superficiale lettura, sembra un componimento piuttosto semplice ma,
guardandolo più a fondo, ci accorgiamo che è abbastanza complesso come lessico
e come struttura.
1° verso trisillabico
2° verso esasillabico
Indicando con _/ le vocali
toniche e con v quelle atoniche, abbiamo il seguente schema:
_/
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_/
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v
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E fù giòrno,
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|||
_/
|
_/
|
v
|
v
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_/
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_/
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e fù sùbito nòtte
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L’avverbio subito compare e non compare nelle varie stesure, poichè sembra
variare l’armonia del secondo verso. In effetti, se lo togliamo, abbiamo due
versi perfettamente identici, formati da due lunghe e una breve. Nell’ultima
stesura è stato rimesso dal poeta per dare più ritmo e velocità al verso. Dal
punto di vista metrico, l’anafora e fu
va letta, come fosse una sola sillaba (crasi), quindi i versi, che sembrano
essere un quadrisillabo e un eptasillabo, in realtà sono un trisillabo e un esasillabo.
Tutta la lirica è costruita sulla simmetria delle sillabe e degli accenti
delle parole usate sempre a coppie: e
fu e fu monosillabici ossitoni, giorno -
notte bisillabici piani, attimo
(titolo) subito
trisillabici sdruccioli.
Il succedersi delle vocali lunghe e brevi crea la scansione e la musicalità dei
versi. La cesura tra primo e secondo verso e l’avverbio sdrucciolo nel
secondo verso, imprimono una improvvisa velocità nella lettura. Le effe
(consonanti fricative che si pronunciano con l’emissione dell’aria dalla bocca),
danno l’idea del soffio del vento che, nella poesia di Palazzini, simboleggia quasi sempre lo scorrere del tempo che,
in questa lirica, costituisce proprio
il tema di fondo.
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