martedì 25 ottobre 2016

l'attimo

È la lirica più breve composta dal poeta, ma concettualmente molto pregnante. In soli due versi si può immaginare tutta  un’esistenza.

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...E fu giorno,
...e fu subito notte.
Metrica: Unica strofa di due versi (distico).
Titolo: Costituisce il tema di fondo.
v.1-2: I tre punti che precedono i versi e l’uso del perfetto, fanno presupporre che si tratti di un discorso già da lungo tempo iniziato e che qui non viene enunciato, lasciando il suo contenuto all’immaginazione del lettore. I due versi, quindi, ne costituiscono la naturale conclusione. L’estrema rapidità e la grande concisione governano il ritmo della poesia. La velocità è anche rimarcata dall’avverbio sdrucciolo subito. Giorno e notte sono tra loro in contrapposizione (ossimoro) e scandiscono il ritmo del tempo che trascorre inesorabile. ...E fu ...e fu sono una anafora.

Esaminiamo L’attimo. Ad una prima e superficiale lettura, sembra un componimento piuttosto semplice ma, guardandolo più a fondo, ci accorgiamo che è abbastanza complesso come lessico e come struttura.

1°  verso  trisillabico
2°  verso  esasillabico

Indicando con _/ le vocali toniche e con v quelle atoniche, abbiamo il seguente schema:

_/
_/
v



   E fù giòrno,
_/
_/
v
v
_/
_/
   e fù sùbito nòtte

L’avverbio subito compare e non compare nelle varie stesure, poichè sembra variare l’armonia del secondo verso. In effetti, se lo togliamo, abbiamo due versi perfettamente identici, formati da due lunghe e una breve. Nell’ultima stesura è stato rimesso dal poeta per dare più ritmo e velocità al verso. Dal punto di vista metrico, l’anafora e fu va letta, come fosse una sola sillaba (crasi), quindi i versi, che sembrano essere un quadrisillabo e un eptasillabo, in realtà sono un trisillabo e un esasillabo. Tutta la lirica è costruita sulla simmetria delle sillabe e degli accenti delle parole  usate  sempre  a  coppie: e fu e  fu  monosillabici  ossitoni, giorno - notte  bisillabici  piani, attimo  (titolo)  subito trisillabici sdruccioli. Il succedersi  delle vocali  lunghe e  brevi crea la scansione e la musicalità dei versi. La cesura tra primo e secondo verso e l’avverbio sdrucciolo nel secondo verso, imprimono una improvvisa velocità nella lettura. Le effe (consonanti fricative che si pronunciano con l’emissione dell’aria dalla bocca), danno l’idea del soffio del vento che, nella poesia di Palazzini, simboleggia quasi sempre lo scorrere del tempo che, in  questa lirica, costituisce proprio il tema di fondo.


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